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CULTURA ALIMENTARE
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Sementi antiche, futuro dell'agricoltura
La scena è da film. Una slitta corre sui ghiacci, in lontananza una fioca luce appare nella distesa di neve, man mano che ci si avvicina rivela qualcosa d’imponente: l’ingresso ad un enorme deposito sotterraneo situato nelle lontane isole del Mare del Nord. La slitta arriva, davanti le si parano enormi porte e sofisticati sistemi di sicurezza, superati i quali si raggiunge il cuore del bunker. I contenitori vengono estratti dalla slitta e con attenzione i tecnici di laboratori ne estraggono il contenuto: un tesoro fatto di semi.
Non è l’inizio di un thriller catastrofista ma la realtà dello Svalbard Global Seed Vault (deposito sotterraneo globale dei semi di Svalbard), inaugurato nel 2008 dal presidente dell’Unione Europea, José Manuel Barroso. Si trova vicino alla cittadina di Longyearbyen, nell'isola norvegese di Spitsbergen, nel remoto arcipelago artico delle isole Svalbard, a circa 1200 km dal Polo Nord. Il centro si compone di tre sale, di 27 metri di lunghezza, 10 di larghezza e 6 di altezza. Le chiusure hanno porte di acciaio di notevole spessore, e la struttura è costruita in calcestruzzo in modo da resistere ad una eventuale guerra nucleare o ad un incidente aereo.
Il deposito ha la funzione di fornire una rete di sicurezza contro la perdita botanica del "patrimonio genetico tradizionale" delle sementi.
Questo è solo l’esempio più scenografico dell’importanza delle sementi che da millenni i contadini selezionano, conservano e si tramandano di generazione in generazione.
Negli ultimi decenni però l’industrializzazione spinta dei processi agricoli ha prediletto la standardizzazione delle sementi usate, selezionate in base all’abbondanza e alla regolarità dei raccolti, alla resistenza e alla più semplice lavorabilità. Tutto ciò a scapito di migliaia di varietà tradizionali che in alcuni casi sono andate perdute e in altri salvate da un manipolo di contadini “resistenti” (detti seed savers) che hanno costituito reti locali e anche trasnazionali per conservare i semi altrimenti perduti.
Perché l’antico fa bene? Le vecchie varietà vegetali sono piene di sorprese, ricche di sapore e di principi nutritivi e possono rappresentare una preziosa risorsa per aumentare la fertilità della terra, per produrre alimenti di elevato valore nutrizionale, in un ecosistema agricolo armonico ed equilibrato.
È un dato comprovato scientificamente che, rispetto agli ibridi moderni, le varietà antiche di piante coltivate siano in grado di elaborare un miglior contenuto nutritivo e una maggiore quantità di vitamine, proteine nobili e strutturali, amidi e zuccheri complessi, ormoni naturali e così via. Il miglior valore nutritivo è anche alla base del gusto ricco, intenso e sfaccettato tipico delle varietà antiche.
Gli esempi non mancano: in alcune varietà antiche italiane di frumento tenero (come ad esempio "Gentil Rosso", "Canove", "Rieti" e "Apulia"), si rileva una maggiore presenza di proteine, granuli più complessi di amido e aleurone, microelementi e sali minerali in rapporti maggiori e più armonici. Riguardo poi le varietà antiche di mele, pere, susine, ciliegie, albicocche, pesche e così via, si nota un elevato contenuto di vitamine C, A, B1, nonché un sapore e una conservabilità senza frigorifero straordinariamente superiori alle colleghe frutto di incroci moderni.
Non è l’inizio di un thriller catastrofista ma la realtà dello Svalbard Global Seed Vault (deposito sotterraneo globale dei semi di Svalbard), inaugurato nel 2008 dal presidente dell’Unione Europea, José Manuel Barroso. Si trova vicino alla cittadina di Longyearbyen, nell'isola norvegese di Spitsbergen, nel remoto arcipelago artico delle isole Svalbard, a circa 1200 km dal Polo Nord. Il centro si compone di tre sale, di 27 metri di lunghezza, 10 di larghezza e 6 di altezza. Le chiusure hanno porte di acciaio di notevole spessore, e la struttura è costruita in calcestruzzo in modo da resistere ad una eventuale guerra nucleare o ad un incidente aereo.
Il deposito ha la funzione di fornire una rete di sicurezza contro la perdita botanica del "patrimonio genetico tradizionale" delle sementi.
Questo è solo l’esempio più scenografico dell’importanza delle sementi che da millenni i contadini selezionano, conservano e si tramandano di generazione in generazione.
Negli ultimi decenni però l’industrializzazione spinta dei processi agricoli ha prediletto la standardizzazione delle sementi usate, selezionate in base all’abbondanza e alla regolarità dei raccolti, alla resistenza e alla più semplice lavorabilità. Tutto ciò a scapito di migliaia di varietà tradizionali che in alcuni casi sono andate perdute e in altri salvate da un manipolo di contadini “resistenti” (detti seed savers) che hanno costituito reti locali e anche trasnazionali per conservare i semi altrimenti perduti.
Perché l’antico fa bene? Le vecchie varietà vegetali sono piene di sorprese, ricche di sapore e di principi nutritivi e possono rappresentare una preziosa risorsa per aumentare la fertilità della terra, per produrre alimenti di elevato valore nutrizionale, in un ecosistema agricolo armonico ed equilibrato.
È un dato comprovato scientificamente che, rispetto agli ibridi moderni, le varietà antiche di piante coltivate siano in grado di elaborare un miglior contenuto nutritivo e una maggiore quantità di vitamine, proteine nobili e strutturali, amidi e zuccheri complessi, ormoni naturali e così via. Il miglior valore nutritivo è anche alla base del gusto ricco, intenso e sfaccettato tipico delle varietà antiche.
Gli esempi non mancano: in alcune varietà antiche italiane di frumento tenero (come ad esempio "Gentil Rosso", "Canove", "Rieti" e "Apulia"), si rileva una maggiore presenza di proteine, granuli più complessi di amido e aleurone, microelementi e sali minerali in rapporti maggiori e più armonici. Riguardo poi le varietà antiche di mele, pere, susine, ciliegie, albicocche, pesche e così via, si nota un elevato contenuto di vitamine C, A, B1, nonché un sapore e una conservabilità senza frigorifero straordinariamente superiori alle colleghe frutto di incroci moderni.